mercoledì 12 ottobre 2011

Debito pubblico: quello che i moderati del Pd non capiscono


 Pubblichiamo un intervento con Turci su Europa quotidiano (mercoledì 12 ottobre). Nel frattempo, è curioso come un appello di 100 personalità europee pubblicato oggi da Il Sole spiazzi "a sinistra" i moderati del PD (Veltroni, E.Letta & c.), che critichiamo nel nostro articolo. Si legge fra l'altro:"i governi dell'Eurozona dovranno dare mandato al Fondo europeo per la stabilità finanziaria (EFSF) e alla Banca centrale europea (BCE) per cooperare al fine di riportare la crisi sotto controllo. Tali istituzioni potrebbero garantire ed, infine, ricapitalizzare il sistema bancario e permettere ai paesi in difficoltà di rifinanziare il proprio debito, entro limiti prestabiliti, emettendo buoni del tesoro che possono essere ceduti a risconto alla BCE, di fatto senza costi." Fra i firmatari italiani, Bonino, Marcegaglia e D'Alema. Interessanti le richieste del candidato (sconfitto) al primo turno delle primarie per la premiership socialista in Francia: "In a letter published by Libération the Arnaud Montebourg, who came third in the Socialist presidential contest, has put a list of demands to Francois Hollande and Martine Aubry, before he will make up his mind on whom to endorse. Montebourg wants a financial transaction tax to pay for the public debt that many euro states had to accumulate in order to safeguard the banks. Also he wants to reform the ECB’s rulebook so that it can buy government bonds on the primary market. Also, he wants to reinforce protectionist measures to avoid foreign control of strategically important companies and outsourcing of staff. Lastly he wants to increase democratic control of French politics by augmenting the parliament’s powers, limiting the president’s impunity and making the judiciary system more independent. Montebourg came in third with 17%. "


 

Crisi, quello che i moderati del Pd non dicono

Sergio Cesaratto e Lanfranco Turci
Su L’Unità del 30 settembre Enrico Letta propugna un Pd all’altezza della gravità del momento. Concordiamo. Quello che colpisce nelle posizioni dell’ala moderata del Pd – come appunto quella di Letta su L’Unità o quella di Tonini sul Riformista del 6 ottobre – è che il necessario rigore e la responsabilità delle proposte, avanzate per affrontare il difficile momento, vengano sistematicamente confuse con misure di austerity che trovano consenso solo fra politici ed economisti tedeschi, e fra i bocconiani Alesina, Perotti, ecc., ma che sono quasi unanimemente biasimate dalla stampa internazionale.

Ingiusto, ci sembra, anche far apparire le posizioni critiche all’impostazione conservatrice della lettera della Bce e delle politiche dell’Eurozona – giudicate nientemeno che «irrefutabili » da Enzo Bianco su Europa dell’8 ottobre – come poco responsabili e competenti. L’opposto ci pare invece vero.
I moderati del Pd appaiono, in particolare, trascurare il fatto che a fissare i tassi di interesse, variabile chiave per la sostenibilità del debito pubblico, non sono i mercati bensì le banche centrali, se lo vogliono e lo fanno con la dovuta convinzione. Che il nostro paese sia costretto a pagare ben cento miliardi di euro all’anno di interessi sul debito dipende dunque dal fatto che la Bce non agisce come banca sovrana dei paesi europei, sì da portare i tassi sui debiti di tutti i paesi europei grosso modo ai livelli tedeschi.
Se facessimo la storia del debito italiano scopriremmo, peraltro, che oltre all’evasione fiscale, la sua causa è stata in scelte che anche nel passato hanno costantemente innalzato i tassi di interesse sul debito italiano: l’adesione allo Sme nel 1979, lo smantellamento dei controlli sui movimenti di capitale e il “divorzio” fra Banca d’Italia e Tesoro.
Ne consegue che se la Bce agisse come opera la Fed americana, e come chiedono economisti non in sospetto di eterodossia (come Krugman, De Grauwe, Wyplosz, Tabellini, Benigno, oltre a Fassina ed altri esponenti del Pd), non vi sarebbe bisogno di manovre di bilancio che, come abbiamo già scritto, non sono solo ingiuste ma sono soprattutto inutili in quanto recessive. Perché Letta non sostiene invece il piano Obama- Geithner volto a impiegare i fondi europei “salva-stati” come leva finanziaria per un intervento massiccio della Bce? Inquietante ci sembra inoltre che Letta ed altri esponenti del Pd sottoscrivano l’idea di massicce dismissioni del patrimonio pubblico.
A parte il fatto che queste non potrebbero avvenire in tempi rapidi e a condizioni convenenti, sì da tamponare l’emergenza del debito, esse comporterebbero: (a) la cessione di aree pubbliche probabilmente destinate a speculazioni immobiliari; (b) la creazione di monopoli privati nelle aziende di pubblica utilità; (c) la dismissione delle residue attività industriali pubbliche, strumento potenziale per una seria ripresa della politica industriale, e addirittura energetiche (Eni ed Enel). Di fronte alla necessità di difendere l’occupazione e rilanciare il trasporto pubblico, perché non ci si batte invece per la salvaguardia della Irisbus, fino, se necessario, alla sua nazionalizzazione, ponendo un vincolo alle importazioni di bus tedeschi?
Non sono infatti tollerabili né la de-industrializzazione, né la svendita del patrimonio industriale all’estero o a imprenditori nostrani incapaci di crescere impiantando iniziative innovative. L’Europa ce lo vieta? E allora cambi le sue politiche. Naturalmente lungi da noi sostenere che il nostro paese non debba mutare, che la spesa pubblica non vada ristrutturata e l’evasione fiscale combattuta. Non per ridurre il debito, ma per destinare le risorse a diminuire il carico fiscale sul lavoro dipendente, per l’istruzione e per adeguate politiche industriali e ambientali.
E il debito?
Un obiettivo di mera stabilizzazione del rapporto debito/Pil sarebbe più che sufficiente a tranquillizzare i mercati. E con tassi grosso modo a livelli tedeschi questo obiettivo sarebbe per giunta compatibile con disavanzi di bilancio del tutto necessari al sostegno della domanda aggregata e della crescita, a complemento di una politica monetaria espansiva.
Scendendo sul terreno delle valutazioni più immediatamente politiche, ci pare davvero illusoria, oltre che suicida, la linea che traspare dalle posizioni di politica economica di Letta e dell’area del Pd che fa capo a Veltroni. Pensare di costringere Berlusconi alle dimissioni attaccandolo sul terreno della insufficiente coerenza nella politica di austerity e nella esecuzione delle direttive Draghi-Trichet ci pare quanto di più assurdo possa fare il centrosinistra.
Se almeno vuole cercare una via d’uscita dalla crisi, che difenda gli interessi di quei ceti popolari che dovrebbe rappresentare e che hanno già pagato in questi anni un pesante tributo alle politiche ispirate dal neoliberismo. La difesa di questi interessi a livello europeo, in accordo con gli altri partiti socialisti, contribuirebbe peraltro al sostegno della domanda aggregata e alla ripresa su basi solide.

(da Europa quotidiano 12 ottobre 2011)





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