venerdì 10 agosto 2012

L’euro e i pompieri di Crasso. Un articolo di De Leo su il manifesto

Pubblichiamo un articolo di De Leo di "Economisti oltre l'austerità" da il manifesto. Con l'occasione segnaliamo l'intervista su questi argomenti alla TV della Svizzera italiana dell'economista post-Keynesiano  Sergio Rossi dell'Università di Fribourg (Svizzera). Può infine far piacere sapere che l'e book "Oltre l’austerità” sarà tradotto in portoghese (e sicuramente almeno in parte in spagnolo).
L’euro e i pompieri di Crasso
Manfredi De Leo*

In Europa la casa è in fiamme: Atene brucia ormai da quasi tre anni, eppure nulla sembra risolversi, nonostante le misure di austerità, nonostante gli interventi delle istituzioni europee, nonostante una significativa ristrutturazione del debito pubblico.
Si narra che nell’antica Roma, quando un edificio andava in fiamme, giungevano come fulmini i pompieri galli, schiavi al soldo del ricco Crasso. Questi si presentavano sempre accompagnati da un contabile che si offriva, a nome del facoltoso possidente, di acquistare la casa che bruciava: le fiamme che divoravano l’edificio erano senza dubbio i migliori alleati di Crasso e dei suoi affari, poiché prima della casa facevano crollare il suo prezzo. Il proprietario, disperato, accettava così di vendere la sua casa ad un prezzo irrisorio, sempre meglio di niente. Crasso comprava ed i pompieri entravano in azione, cosicché le case, a Roma, raramente si riducevano in cenere.
Magari, serpeggiava qualche dubbio sulle cause di tutti quegli incendi.
Quando la Grecia ha iniziato a bruciare, nel lontano autunno del 2009, si sono presentati in tre: la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea ed il Fondo Monetario Internazionale. Eppure le fiamme continuano a divampare, a quasi tre anni di distanza, divorando i salari dei lavoratori, portandosi via 15.000 dipendenti pubblici, erodendo le pensioni, distruggendo il sistema sanitario e mettendo in ginocchio l’istruzione pubblica. Come se non bastasse, l’incendio si sta diffondendo in tutta Europa, con le temperature bollenti registrate dagli spread italiani e spagnoli. Davanti a questo tragico spettacolo, però, qualcuno fa di conto, proprio come accadeva nella Roma di Crasso. Atene deve ancora sbloccare la partita delle privatizzazioni, grazie alla quale i grandi capitali riusciranno ad entrare nei settori protetti del’economia greca e nella gestione dei servizi locali più profittevoli. Inoltre i contratti nazionali di lavoro sono stati quasi totalmente svuotati di significato, ma esistono ancora, e dunque si considera la possibilità di cancellarli del tutto dal quadro normativo del paese, per evitare che – posate le ceneri – i lavoratori greci riescano a riconquistare rapidamente il terreno perduto negli anni dell’austerità.
Pochi giorni fa il governatore della BCE, Mario Draghi, ha soffiato sul fuoco: la sua banda di pompieri non interverrà ancora. Resterà a guardare, mentre l’Europa brucia. Il governatore fa il suo mestiere, come il contabile di Crasso, e ci spiega le regole del gioco. Il fondo salva stati (ESM), che entrerà in funzione a partire da settembre, è in grado di raffreddare gli spread in qualsiasi momento (soprattutto se sostenuto da finanziamenti illimitati della BCE), comprando titoli pubblici in asta oppure contrastando la speculazione direttamente sui mercati finanziari. Ma, ammonisce Draghi con severità, potrà intervenire solo se gli stati lo richiederanno espressamente. Perché tanta enfasi sulla necessità di presentare richiesta formale di aiuto? Perché lo statuto del fondo prevede che, in risposta a tale richiesta, le istituzioni europee pongano precise condizioni all’intervento dei pompieri: il supporto offerto dal fondo salva stati è subordinato all’adozione di pesanti misure di austerità quali quelle imposte alla Grecia. Il fondo salva stati è la sistematizzazione di quei processi che hanno consentito di imporre ad un paese sovrano un vero e proprio stravolgimento dei rapporti economici, un rivoluzionamento delle regole che preludono alla distribuzione della ricchezza all’interno della società.
Nel caso di Atene, quei processi si sono realizzati in maniera goffa e a volte persino violenta (si pensi al referendum sulle politiche di austerità negato al popolo greco dai creditori). Ad ogni tranche del prestito concesso al paese si presentavano i tecnici da Bruxelles, Francoforte e Washington e pretendevano qualcosa: un giorno l’abbassamento del salario minimo, poi un aumento dell’età pensionabile, poi la chiusura di un ospedale pubblico e così via, fino alla recente richiesta dell’ennesima manovra restrittiva da 11,5 miliardi di euro. Si dice che i debiti allunghino la vita, e la Grecia sembra dimostrarcelo ogni giorno: sono quasi tre anni che viene dichiarata l’imminente fuoriuscita di quel paese dall’euro, eppure la Grecia è ancora lì. Solamente, più povera di prima, spogliata.  Le autorità di politica economica europea sono sempre intervenute, ma alla maniera dei pompieri di Crasso: solo quando il paese si trovava sull’orlo del baratro.
Così come le fiamme che arricchivano il ricco affarista romano, la crisi attuale sembra un metodo per condurre la lotta di classe su scala europea, ed il fondo salva stati non rappresenta altro che il perfezionamento di questa tecnica: i paesi della periferia d’Europa, paralizzati in sede di rifinanziamento del debito pubblico in scadenza dall’assenza di un prestatore di ultima istanza, dovranno elemosinare aiuti all’ESM. Il quale spegnerà le fiamme solo se saremo disposti ad andare in pensione più tardi, a negare l’università ai nostri figli e l’assistenza ai nostri anziani, a rinunciare al nostro salario o addirittura al nostro lavoro. Questo è il disegno europeo che abbiamo davanti, e su cui vale la pena discutere senza alcun pregiudizio circa le opzioni più radicali, come fatto nell’e-book “Oltre l’austerità”. Perché l’incendio divampa, e solo i più diligenti servitori di Crasso possono insinuare che “l’euro è una scelta irreversibile”.
* L'autore è dottorando di ricerca a Roma Tre e ha contribuito all'e book "Oltre l'austerità"
(il manifesto 10  agosto 2012)

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