sabato 10 novembre 2012

Per una condizionalità keynesiana - For a Keynesian conditionality (Italian and English)



Pubblichiamo un documento sottoscritto dopo un intenso workshop in Irlanda (Amit Bhaduri è fra i sottoscrittori!). Il testo in inglese è in calce. Una versione spagnola dovrebbe apparire a breve. Un mio pezzettino fa da premessa.
We publish below the Italian and original English versions of a document approved by a group of heterodox economist who met in Galway (Ireland) for a very intensive workshop. Amit Bhaduri (who could not be present) subscribed it. The document is preceded by a short presentation. A Spanish version will be published soon.

Per una condizionalità keynesiana
Sergio Cesaratto
Non c’è solo Firenze. La talpa della migliore economia critica scava anche in altre direzioni. Dopo tre giorni di serrata e documentata discussione a Galway (Irlanda), un workshop internazionale di economisti critici, molti assai noti, ha messo a punto il documento qui a fianco, stringato e solido. Esso muove dall’evidente fallimento delle politiche di austerità di cui gli economisti critici sono stati facili profeti . Esso propone dunque il ribaltamento dell’ordine delle priorità della politica economica europea: la crescita dell’occupazione è l’obiettivo prioritario, da perseguirsi con un’adeguata politica fiscale e distributiva che sostenga la domanda aggregata; la politica monetaria risulta subordinata a quella fiscale nell’assicurare livelli di interesse minimi. A differenza dell’OMT di Draghi - il programma d’intervento della BCE condizionato alla sottoscrizione di un memorandum di impegni di austerità - qui la condizionalità è invertita. L’intervento della BCE è assicurato per i paesi che s’impegnino in politiche anti-austerity, precisamente quelle che coniugano crescita e stabilizzazione dei conti. Quindi nessun avventurismo, ma una “condizionalità Keynesiana”: i paesi si impegnano in una “fiscal rule” di stabilizzazione attraverso politiche fiscali espansive assecondate dalla BCE. L’inflazione non è uno spauracchio visti gli ampi spazi di capacità produttiva inutilizzati. L’avventurismo, cieco e cinico, è quello dell’austerità e dei suoi paladini, nostrali ed europei.

Che questi ragionamenti diventino conoscenza diffusa e strumento di lotta politica è naturalmente passaggio fondamentale. Una bella iniziativa al riguardo avrà luogo a Madrid organizzata da un gruppo di economisti critici (econonuestra.net) il 23 e 24 novembre con l’adesione delle associazioni studentesche spagnole, portoghesi, greche, e con LINK e l’UDS, rispettivamente le principali associazioni italiane degli studenti universitari e medi (qui documenti e programma: economy4youth.com/en/). Saranno presenti economisti dei quattro paesi coinvolti - incluso un economista parlamentare per Syriza. Avremo l’onore di aprire i lavori e vi daremo conto dell’iniziativa.

DOCUMENTO: Una visione alternativa della crisi dell’Eurozona 
Nella diagnosi della teoria dominante la crisi dell’Eurozona è stata ridotta a una crisi fiscale causata dall’eccessiva spesa pubblica e da un gap di competitività fra Nord e Sud. La soluzione ortodossa è dunque di chiudere tale gap attraverso le politiche di “austerità fiscale espansiva” e di riduzione dei salari. Persino il FMI ha giudicato tali politiche un vicolo cieco.

A nostro avviso la radice della crisi dell’Euro è invece nell’assenza di adeguate istituzioni nell’Eurozona, la quale manca di un genuino prestatore di ultima istanza e di politiche fiscali e salariali sufficientemente coordinate, oltre che in mercati finanziari internazionali, de-regolati e con grandi disponibilità di liquidità, più che felici di finanziare qualsiasi squilibrio – non importa quanto sostenibile.
Ciò a cui abbiamo assistito nell’Europa continentale sono due modelli di sviluppo fra loro interdipendenti. Da un lato il modello mercantilista guidato dalle esportazioni del Nord non avrebbe potuto essere sostenuto senza il modello guidato dall’indebitamento nel Sud, il quale ha accumulato disavanzi commerciali e debiti. Con l’avanzata della crisi finanziaria, i debiti privati si sono trasformati in debiti sovrani. Il caso Irlandese è un esempio estremo di questo processo. Le politiche di austerità successivamente imposte ai governi hanno accresciuto la disoccupazione a livelli socialmente inaccettabili. Se proseguite, tali politiche condurranno a una depressione prolungata e a ulteriori forme di insubordinazione sociale.
Le istituzioni europee non erano e ancora non sono in grado di affrontare tali squilibri strutturali in maniera adeguata. La disoccupazione di massa e l’immiserimento sociale che risultano dalle politiche di austerità stanno minacciando la sopravvivenza della democrazia nell’Unione Europea.
(da il manifesto 10.11.2012)
Prospettive alternative
Sulla scorta della nostra diagnosi siamo convinti che l’Europa dovrebbe ribaltare il regime corrente di politiche di austerità.
In termini di politica monetaria, riteniamo che la BCE dovrebbe agire come un credibile prestatore di ultima istanza per alleviare la crisi dei debiti sovrani. Un passo successivo è quello di regolamentare i mercati finanziari, ed è inoltre necessario separare le attività bancarie di investimento a lungo termine da quelle commerciali a breve.
Nei riguardi della politica fiscale, il legame fra BCE e regole (condizionalità) fiscali dovrebbe essere fondamentalmente cambiato. La politica monetaria dovrebbe sostenere e assecondare regole fiscali espansive che mirino alla creazione di occupazione e crescita. I disavanzi di bilancio possono essere consolidati solo in una economia in crescita.
Queste politiche di stimolo alla crescita sono compatibili con la desiderata stabilizzazione dei rapporti fra debito pubblico e PIL. Nella situazione corrente di disoccupazione di massa, inoltre, tali politiche non presentano alcun rischio di inflazione.
Riteniamo anche che l’aggiustamento  dovrebbe essere sostenuto da uno stimolo ai consumi attraverso più alti salari a cominciare dai paesi del Nord che hanno avanzi commerciali (come la Germania) e nei quali le politiche di moderazione salariale hanno contribuito in maniera considerevole allo sviluppo delle diseguaglianze nei redditi e degli squilibri delle partite correnti nel’Eurozona.
Se il Ministro delle finanze tedesco crede in ciò che ha affermato, che nessun paese può vivere per sempre al di sopra dei propri mezzi, allora deve anche esser chiaro che nessun paese può vivere indefinitamente sotto i propri mezzi. Questo implica che il mutamento della politica salariale in Germania dovrà rappresentare una componente importante della soluzione.
La comune prosperità dei paesi e cittadini del’Eurozona attraverso l’espansione della domanda aggregata, piuttosto che la sua contrazione attraverso il consolidamento fiscale a beneficio dell’alta finanza, deve essere riconosciuto come un imperativo per rendere praticabile il progetto europeo. Dobbiamo avere l’onestà intellettuale e il coraggio di agire conseguentemente.

Sottoscritto da
Amit Bhaduri
Jawaharlal Nehru University, New Delhi, India
Thomas Boylan
 National University of Ireland, Galway, Ireland
Sergio Cesaratto
Università degli studi, Siena, Italy
Nadia Garbellini
Università degli Studi di Pavia, Italy
Torsten Niechoj
Rhine-Waal University of Applied Sciences, Germany
Gabriel Palma
University of Cambridge, UK
Srinivas Raghavendra*
National University of Ireland, Galway, Ireland
Rune Skarstein
Norwegian University of Science and Technology, Norway
Herbert Walther
Vienna University of Economics and Business, Austria
Ariel L. Wirkierman
Università Cattolica di Milano, Italy
(da il manifesto 10.11.2012)  

[*] Corresponding author: s.raghav@nuigalway.ie


 Original in English


An Alternative Vision for the Eurozone Crisis


The Eurozone crisis has been reduced, according to the mainstream diagnosis, to a fiscal crisis caused by excessive public spending and a competitiveness gap between North and South. The mainstream solution is to close this gap by means of ‘expansionary fiscal austerity’ and wage reductions. This has been admitted even by the IMF to be a dead end.

In our opinion the root of the Euro crisis lies in both the inadequate institutional set up of the Eurozone, which lacks a genuine lender of last resort and sufficiently coordinated fiscal and wage policies, and on an over-liquid and under-regulated international financial market that was more than happy to finance any imbalance - no matter how unsustainable it was.

What we had in Continental Europe were mutually dependent models of growth. The mercantilist export-led growth of the North could not have been sustained without a (remarkably easy-to-finance) debt-driven model in the South, accumulating trade deficits and private and public debt. In the aftermath of the financial crisis, the private debt was turned into sovereign debt. The Irish case is an extreme example of this process. The ensuing austerity policies enforced upon the governments increased unemployment to a socially unacceptable level. If continued these policies will lead to a prolonged depression and even more social unrest.

European institutions were and still are not able to deal with such structural imbalances in an adequate way. Mass unemployment and social deprivation resulting from austerity policies is threatening the survival of democracy in the European Union.

Alternative perspectives

On the basis of our diagnosis we are convinced that Europe should reverse the current austerity policy regime. This would require profound institutional and policy change.

In terms of monetary policy, we believe that ECB should act as a credible lender of last resort to relieve the sovereign debt crisis. Strict regulation of financial markets is a further step, and it is necessary to separate investment banking from commercial banking.

In terms of fiscal policy, the link between the ECB and fiscal conditionality should be fundamentally changed. Monetary policy should support and accommodate progressive fiscal rules aiming at employment creation and growth. Budget deficits can only be consolidated in a growing economy.

These growth stimulating policies are consistent with the desired long run stabilization of debt-to-GDP ratios. In the present situation of mass unemployment, these policies do not carry  a significant risk of inflation.

We also believe that the adjustment has to be supported by stimulation of consumption via higher wages starting from the core surplus countries (like Germany) where wage restraint policies have considerably contributed to the growing income inequalities and current account imbalances in the Eurozone.

If the German finance minister believes in what he said, that no country can live forever beyond its means, then it must also be clear that no country can live indefinitely below its means. This implies that the change in the wage policy in Germany has to be an important part of the solution.

Mutual prosperity of the Eurozone countries and their citizens through demand expansion, rather than demand contraction through fiscal consolidation for the benefit of high finance, must be recognized as the imperative for the political viability of the Euro project. We must have the intellectual honesty and courage to act accordingly.
 

[*] Corresponding author: s.raghav@nuigalway.ie


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